Il Minotauro

Da Caos per caso.
Jump to navigation Jump to search

Fu la brezza a portare la lieta notizia: dapprima bisbigliando tra gli alberi, poi strisciando attraverso i cancelli e soffiando contro le mura del palazzo.«Teseo è tornato! Teseo è tornato!» sussurrava.

All'inizio la gente non ci credeva: quale buona fortuna si poteva mai sperare, in una città maledetta da diciotto lunghi anni? Ma poi squillarono le trombe del palazzo, gli araldi corsero lungo le strade e finalmente la gente si convinse che il figlio perduto del re Egeo era finalmente tornato a casa.«Forse impedirà al mostro di mangiare i nostri figli» mormoravano gli uni agli altri. «Forse è lui l'eroe che aspettavamo.» Nella reggia di Atene, Teseo guardò il padre appena ritrovato. «Vuoi che salpi per Creta e uccida il Minotauro?» gli chiese. «Ma perché?» Il re Egeo si lisciò la lunga barba, sospirando. «Sono diciotto anni che Minosse, re di Creta, ci impone un sacrificio terribile. Ogni nove anni dobbiamo spedirgli sette ragazze e sette ragazzi per darli in pasto al suo spaventoso figliolo, il Minotauro, altrimenti manderà i suoi eserciti a ucciderci tutti. Tu sei forte e intelligente. Se vai con loro, forse riuscirai a trovare un modo per salvarci.» La mattina dopo all' alba una flotta di navi con le vele nere salpò alla volta di Creta. «Arrivederci, popolo di Atene!» gridò Teseo dal ponte. «Se supererò l'impresa, al nostro ritorno isseremo vele bianche. Se le vele resteranno nere, saprete che ho fallito. Quando le navi raggiunsero Creta, le mura del porto erano zeppe di gente che guardava sbarcare Teseo e i tredici ragazzi ateniesi, ciascuno incoronato da una ghirlanda di fiori. Mentre venivano condotti alle prigioni di Minosse, Teseo alzò gli occhi e vide una fanciulla incantevole. I loro sguardi si incrociarono e lei gli sorrise.

Teseo si sentì battere più forte il cuore e fu subito innamorato. Le prigioni erano buie e quella sera Teseo camminava avanti e indietro cercando di escogitare un piano. D'improvviso udì un bisbiglio: «Psssst! Vieni alla finestra!». «Svelto! Aiutami a salire» disse Teseo al ragazzo che gli stava vicino, e lui se lo mise sulle spalle per fargli raggiungere la minuscola finestra. Teseo si tenne forte alle sbarre. Là fuori c'era quella ragazza vista al porto! «Sono Arianna, la figlia del re, e sono venuta a salvarti!» «Ma come?» bisbigliò Teseo, sbalordito. Arianna gli porse qualcosa attraverso le sbarre. «Ho convinto Dedalo a darmelo. È l'inventore e architetto di mio padre. È un filo magico. Non può mai aggrovigliarsi. Se ti leghi un capo alla cintura e getti il gomitolo davanti a te quando entri nel labirinto, potrai ritrovare la strada seguendo il filo.» Poi gli diede una daga affilata. «Uccidi il Minotauro con questa spada, e quando torni ti aspetterò con i tuoi amici e scapperemo insieme. Odio mio padre per la sua crudeltà e voglio fuggire con te.»Poco dopo Teseo udì il clangore delle guardie che scendevano lungo il passaggio e si affrettò a nascondere sotto la tunica il gomitolo magico e la daga. «Allora, a chi tocca per primo?» domandò rudemente un soldato. Si fece avanti Teseo.«Non preoccupatevi» disse ai giovani compagni di sventura, che si rannicchiavano in un angolo piangendo e tremando. Il soldato fece una risata crudele mentre lo trascinava attraverso i corridoi deserti.«Qua dentro!» disse, spingendolo attraverso un grande portone di ferro, che poi chiuse con un tonfo. Dall'interno venivano dei muggiti terribili, ma Teseo si legò un capo del filo alla cintola, gettò in terra il gomitolo e marciò verso i rumori. Il filo si srotolava davanti a lui. Il labirinto era una continua giravolta e alla fine Teseo perse l'orientamento.

I muggiti si facevano sempre più forti e vicini, facendo tremare pareti e pavimento, e ben presto si distinsero le parole. «Carne! Carne! Voglio mangiare carne umana!» D'improvviso, da dietro un angolo, apparve un mostro. Aveva busto e braccia di uomo e testa e gambe di toro e dalle sue fauci colava una schiuma rossastra. Teseo gli corse incontro con la spada tra i denti e gli saltò in groppa agilmente facendo leva sulle sue enormi corna. Mugghiando di rabbia, il Minotauro cercò di scrollarselo via, ma Teseo brandi la spada e gli affibbiò un corpo mortale sul collo. Poi segui a ritroso il filo magico attraverso le curve e le giravolte del labirinto fino a raggiungere il portone di ferro. Era ancora chiuso. «Fatemi uscire!» bisbigliò, bussando piano. Come per miracolo, il portone si aprì.

Ed ecco li Arianna, con i tredici ragazzi ateniesi dietro di lei. Il rude soldato russava disteso per terra, stringendo tra le dita un boccale di vino drogato. Il gruppetto corse nel buio verso le navi in attesa. I marinai issarono le vele e salparono in fretta e furia: erano salvi, finalmente! Era l'alba quando approdarono all'isola di Nasso. Teseo si preparava a stringere Arianna tra le braccia, quando apparve davanti a loro un brillante globo di luce. Ne emerse il dio Dioniso e gli strappò la ragazza. «Non puoi sposarla!» gli disse. «Perché Zeus ha scritto il suo nome nelle stelle e deve essere la mia regina!» Ben sapendo che era inutile discutere con gli dei, Teseo chinò la testa e tornò mestamente alle navi. Era così triste e turbato che dimenticò di issare le vele bianche. Ogni giorno il re Egeo saliva sulla più alta scogliera di Capo Sunio a scrutare l'orizzonte in attesa del figlio. E quando vide spuntare le vele nere della sua flotta, diede un grande gemito di disperazione e si gettò nel mare sottostante. Anche se vi fu grande gioia per la sconfitta del Minotauro, i sudditi piansero la morte del povero re e in suo onore chiamarono Egeo il mare dov'era annegato. Teseo salì sul trono e governò Atene per molti, molti anni. Non rivide mai più Arianna. La fanciulla aveva sposato Dioniso, che alla fine la rese molto felice. E quando morì, Zeus le prese la corona e la appese tra le stelle, in modo che il suo nome non venisse mai dimenticato.

Fonte: http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it/il_mostro_nel_labirinto.htm