Il vello d'oro
Il re della Colchide odiava gli stranieri. Li odiava talmente che uccideva chiunque mettesse piede nel suo paese. Ma quando seppe che Giasone e la sua banda di eroi erano appena approdati in cerca del vello d'oro, fece un sorriso maligno. «Affiderò a questo grande eroe un'impresa impossibile e solo dopo ucciderò lui e i suoi seguaci» disse alla figlia, la maga Medea. Così il re li accolse benevolmente e, quando gli spiegarono la ragione del loro arrivo, fece finta di essere sorpreso. «Non lo sapete che chiunque voglia prendere quel vello deve prima fare qualcosa per me? Ho un campo che dev'essere arato e seminato, vuoi pensarci tu, visto che sei il loro capo?» disse, rivolto a Giasone. Giasone accettò subito, ma fu sbalordito quando vide gli animali che tiravano l'aratro e ancor più sconcertato quando vide che cosa doveva seminare. L'aratro era aggiogato a due tori che mandavano fiamme dalle narici, bruciando chiunque si avvicinasse, e i semi erano denti di drago. «Hai tempo fino a domani all'ora del tramonto» disse il re.
Era sapeva che Giasone non ce l'avrebbe mai fatta da solo, allora chiamò Afrodite. «Fà in modo che la figlia del re si innamori di Giasone» le ordinò. «Lei saprà come aiutarlo.» Afrodite spedì subito il figlio Eros a colpire la fanciulla con le sue piccole frecce d'amore e poco dopo ecco Medea che strisciava furtiva nella stanza del giovane. «Ti amo» gli sussurrò. «E posso aiutarti. Prendi questo unguento e spalmatelo sul corpo: cosi sopporterai il calore emanato dai tori e potrai arare il campo.» Protetto dall'unguento, Giasone completò il lavoro e si accinse a seminare i denti di drago. D'improvviso, dai solchi spuntarono centinaia di guerrieri di pietra, ma Giasone li prese a sassate e cominciarono a combattersi tra loro. All' ora del tramonto erano tutti morti. Furibondo, il re ordinò ai suoi soldati di uccidere Giasone e i compagni l'indomani all'alba. Ma Medea lo aveva spiato e corse subito da Giasone. «Devi andartene!» gli disse. «Ti guiderò al bosco sacro e userò le mie arti magiche per addormentare il drago che custodisce l'albero. Così potrai rubare il vello d'oro e poi fuggiremo insieme!» Giasone le diede un bacio e uscirono dal palazzo in punta di piedi. Il bosco era cupo e tenebroso, ma lassù, appeso ai rami più alti, il vello d'oro splendeva come mille soli.
Rapidamente Medea cominciò a recitare una filastrocca magica e poco dopo il terribile drago chiuse i suoi enormi occhi con un sospiro beato. Giasone scavalcò il gigantesco corpo squamoso e strappò dal ramo il prezioso vello. Mentre correva con Medea verso la nave, squillarono cento campane d'allarme e cominciò a rimbombare uno spaventoso frastuono di passi: erano i soldati del re che li inseguivano. Appena in tempo saltarono sul ponte e gli Argonauti si gettarono sui remi finché la Colchide fu lontanissima. Con il vello d'oro finalmente conquistato, Giasone poté tornare a lolco e riprendersi il trono usurpato dal perfido zio Pelia.
Fonte: http://www.ilpaesedeibambinichesorridono.it/il_vello_doro.htm