Duomo di Como

Da Caos per caso.
Versione del 14 ago 2010 alle 22:15 di imported>Giorgio
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Dedicato alla Madonna, fu iniziato alla fine del 1396 e terminato nel 1770, nell'edificio sono sapientemente fusi gli stili gotico, rinascimentale e barocco.

Nel medioevo scultura, pittura ed altre forme d'arte presenti nelle chiese erano pensate per la preghiera del popolo analfabeta, e dovevano perciò raccontare gli aspetti principali della messa e i racconti del vangelo, la facciata del Duomo di Como è la rappresentazione esterna di questa preghiera che nasce dall'interno della chiesa e si manifesta poi al di fuori.


Esterno

La facciata è organizzata in un modo che "rispecchia" l'organizzazione dello spazio interno a tre navate, di chiara matrice gotica (un gotico "italiano" che proprio grazie al diffondersi in tutta Europa dell'opera dei Magistri cumacini andrà via via assimilandosi al gotico internazionale), è suddivisa verticalmente da 4 lesene, decorate da serie di sculture, che suddividono una zona centrale e due laterali; la prima presenta il portale d'ingresso, un rosone ed ai suoi lati due finestre dalla forma allungata, le parti laterali presentano ciascuna una porta d'ingresso ed una bifora posta al di sopra.

La parte centrale della facciata è strutturata in modo molto preciso: alla base Adamo ed Eva rappresentano l'umanità, mentre salendo s'incontrano i santi e ancora più sopra, nel punto più alto, Dio.

Questo tipo di impostazione si rispecchia in quella dell'intera facciata: nella parte più bassa delle lesene sono rappresentati uomini comuni (ad esempio sulla lesena esterna a sinistra è rappresentata una donna, e, a lato un uomo, capitano di ventura), salendo si incontrano i santi sia sulle lesene che ai bordi delle finestre nella parte centrale (alcuni chiaramente identificati, altri ancora sconosciuti), salendo lungo la facciata e nell'ideale scala gerarchica, si trova nel punto più alto il "gugliotto" che rappresenta Dio.

Parlando della disposizione della facciata è inoltre possibile ritrovare, al centro, la Trinità: lo Spirito Santo rappresentato al di sotto del rosone, questo a sua volta rappresenta Cristo, mentre al di sopra del rosone è rappresentato Dio Padre.

Al di sopra del portale e delle porte d'ingresso laterali, sono presenti delle lunette in cui sono rappresentate scene della vita di Maria: al centro sopra il portale è rappresentata l'adorazione dei magi, mentre le altre scene (presenti anche al di sopra delle porte sui lati della chiesa) rappresentano la visita di Maria ad Elisabetta, la presentazione al tempio, la fuga in Egitto; le due edicole sopra il rosone mostrano invece l' annunciazione.

Operando un altro tipo di lettura è possibile notare come la facciata del Duomo di Como rappresenti idealmente la società dell'epoca, che ha partecipato, in diverso modo alla sua realizzazione: così gli ordini monastici sono rappresentati dalle statue dei santi loro fondatori o confratelli, ed allo stesso modo le diverse corporazioni avevano fatto inserire il loro santo protettore, nella parte bassa invece uomini e donne comuni, di cui si è già parlato, rappresentano il popolo nella sua interezza, accanto ad alcuni simboli che Raffigurano probabilmente le famiglie più importanti della città che avevano evidentemente sovvenzionato la costruzione.

Così come in una scena tutta la società comasca dell'epoca è idealmente rappresentata nella facciata del suo Duomo. A proposito dei diversi santi rappresentati è possibile notare alcune particolarità probabilmente non casuali: nella lesena di sinistra, in direzione del lago, è rappresentato S. Cristoforo, protettore dei viaggiatori e, a fianco, con bastone e cappa, San Giacomo, pellegrino e viaggiatore per eccellenza, entrambi rivolti verso del lago. Sulla lesena di destra invece troviamo S. Francesco e, vicino, altri monaci francescani, e non sembra casuale che in quella direzione si trovassero all'epoca alcuni monasteri francescani; lo stesso vale per altri santi fondatori di altri ordini monastici, presenti nella città; dovendo poi riempire tutte le "caselle" che compongono la facciata si è poi tralasciata questa sorta di disposizione simbolica, inserendo i vari santi in modo più casuale (non mancano inoltre un paio di ripetizioni dello stesso santo, su una delle lesene e a lato di una finestra in un caso, e su due diverse lesene nell'altro).

Parlando invece ancora di composizione geometrica della facciata, è possibile comprendere perché le due finestre ai lati del portale siano più alte di quelle laterali: se a partire dal rosone si immagina di tracciare un cerchio ad esso concentrico, che passi per il tondo in cui è rappresentato lo Spirito Santo, si ottiene il vertice delle finestre centrali, mentre con un altro cerchio, concentrico ai precedenti, che passi per la sommità dell'edicola più alta si trova il vertice delle finestre laterali, infine con un altro cerchio, sempre concentrico ai precedenti, che passi per la sommità del gugliotto, è possibile individuare la posizione delle due porte d'ingresso laterali.

In ultimo, anche la posizione del rosone non risulta casuale all'interno della facciata, è infatti possibile notare come, descrivendo il più grande triangolo contenuto all'interno della facciata, il rosone si trovi nel suo centro.

Porta centrale

Nella lunetta superiore: Adorazione dei Magi

Ai lati della lunetta: Adamo (a sinistra) ed Eva (a destra).

Nelle cinque nicchie sopra la porta maggiore, i s.Giovanni Battista ed s.Abbondio (o s.Ilario?) affiancano la Madonna con il bambino. Ai lati s.Proto e s.Giacinto.

Sopra le nicchie lo Spirito Santo; nell'iconografia medioevale è spesso raffigurato nelle vesti di un giovane.

Accanto alla porta centrale vi sono due edicole raffiguranti Plinio il giovane e Plinio il Vecchio. In clima di controriforma, le due statue di pagani non sono gradite, specialmente in una posizione così dominante di facciata, ma la ferma resistenza dei comaschi ha la meglio.

Appena sopra al rosone in una piccola edicola una statua rappresenta Dio Padre. Le due ai lati rappresentano l'arcangelo Gabriele l'una, e la vergine l'altra, mentre quella superiore, al centro (di chiaro stile rinascimentale) rappresenta la resurrezione.

Porta di sinistra

Nella lunetta superiore: Adorazione dei pastori.

Porta di destra

Nella lunetta superiore: presentazione al tempio di Gesù.

Porta della Rana

Nella lunetta superiore: la Visitazione della Beata Vergine Maria.

Alla ricerca del tesoro

Perché la porta della rana è così nota a molti? Probabilmente per via di una leggenda che iniziò a circolare nei primi dell’ottocento in base alla quale sottoterra, a poche braccia dalla sopramenzionata rana, vi fosse nascosto un tesoro. Leggenda di cui nessuno si preoccupò di accertare il fondamento o di prestare particolare attenzione fino a quando, nel 1850, don Giacomo Morinini, canonico di Intragna presso Locarno, disse di essere in possesso di alcuni documenti autentici che ne attestavano la veridicità.

Sulla base di queste prove Don Giacomo Morinini cercò disperatamente alleati che lo accompagnassero nell’impresa di riesumare il tesoro della rana. A tal fine tentò di spronare un rispettabile cittadino di Como il quale, per nulla sprovveduto, volle prima verificare le prove su cui il prelato fondava le proprie asserzioni.

Il canonico, messo alle strette, non poté fare altro che mostrargli un pezzo di carta malconcia consegnatogli da una famiglia di Bironico, datato intorno al 1470 circa, su cui vi era scritto:

«Si trova un tesoro nella città di Como, ossia chi troverà una rana scolpita scaverà appresso per l’altezza di braccia otto e troverà una cassa di ferro con entro argento, scavando ancora si troverà un’altra cassa con entro un cadavere, scavando più sotto si troverà un’altra cassa con entro oro» (Firmato: Carlo Antonio Martino Pedretti).

Il cittadino, non sentendosi per nulla rassicurato dal pezzetto di carta, eseguite le opportune verifiche, riferì di non essere interessato all’impresa consigliando tra l’altro di desistere dal momento che alla data in cui risaliva il pezzo di carta la rana non era stata ancora scolpita.

Il canonico tuttavia non volle darsi per vinto.

Per nulla persuaso continuò alla ricerca di un compagno con cui dividere le fatiche dell’impresa nonché l’eventuale ambìto tesoro. La sua determinazione e la sua perseveranza lo condussero al capomastro Carlo Ferrari che accettò (sebbene con qualche riserva) di prendere parte alla caccia al tesoro.

I due presentarono così, ai primi di aprile del 1852, l’istanza al Comune di Como per ottenere l’autorizzazione municipale ad effettuare lo scavo nei pressi della porta della rana. Autorizzazione rilasciata il 20 aprile.

Il 3 maggio del 1852 cominciarono gli scavi sotto l’attenta direzione del capomastro Carlo Ferrari e soprattutto sotto lo sguardo di una folla di curiosi, ansiosi di sapere se la leggenda fosse vera o meno, o, meglio, se realmente esistesse il tesoro.

Gli scavi continuarono fino al 7 maggio senza alcun risultato tangibile. Le uniche cose rinvenute furono solamente alcuni pilastri mutilati comprovanti evidentemente la parziale demolizione del Broletto. Demolizione effettuata per cedere il posto alle due arcate anteriori del Duomo di Como.

L’8 maggio si tentò l’ultimo disperato tentativo con l’ausilio della trivella gallica, ma non servì a nulla. Il tesoro non esisteva. Il povero capomastro tra le risa e la derisione dei presenti ebbe il danno di qualche centinaia di lire senza neanche poter ringraziare Don Giacomo Morinini che, vista la mal parata, si era nel frattempo dileguato.

La rana decapitata

La famosa rana fu sfregiata nelle prime ore del 5 febbraio 1912 per opera di un esaltato in stato di particolare eccitazione. Era un persona povera di origini toscane che da qualche anno pativa la fame a Brunate mangiando gli avanzi di un albergatore.

Campava di giorno in giorno facendo guardare ai passanti dentro ad un particolare cannocchiale per qualche monetina. Quando il Comune di Como gli affibbiò una tassa sui proventi della propria modesta attività, disperato decise di tornare da dove era venuto. Prima di partire però volle sfogare la propria rabbia e il proprio rancore martellando la decorazione della rana sulla lesena della porta settentrionale del Duomo di Como.

Portato in Pretura a disposizione del Magistrato fu interrogato. Venne chiamato così anche l’architetto Frigerio affinché deponesse sulla gravità dell’accaduto il quale però, sorprendendo tutti, disse:

«Questo disgraziato incosciente ha fatto un brutto gesto, non lo nego, ma quando io penso all’offesa che involontariamente fa da tanto tempo quel piccolo pur grazioso batrace alla dignità di tutto il resto, tanto più bello e degno, del nostro Duomo io sono propenso a ritenere piuttosto meritorio che detestabile quel gesto».

Il Magistrato, di fronte ad un improvvisato avvocato difensore, non poté far altro che dare una “solenne lavata di capo”.