Differenze tra le versioni di "Duomo di Como"

Da Caos per caso.
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Accanto alla porta centrale vi sono due edicole raffiguranti Plinio il giovane e Plinio il Vecchio. In clima di controriforma, le due statue di pagani non sono gradite, specialmente in una posizione così dominante di facciata, ma la ferma resistenza dei comaschi ha la meglio.
 
Accanto alla porta centrale vi sono due edicole raffiguranti Plinio il giovane e Plinio il Vecchio. In clima di controriforma, le due statue di pagani non sono gradite, specialmente in una posizione così dominante di facciata, ma la ferma resistenza dei comaschi ha la meglio.
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===Porta di sinistra===
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Nella lunetta superiore: Adorazione dei pastori.
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Nella lunetta superiore: [[La presentazione al tempio di Gesù]].
  
 
===Porta della Rana===
 
===Porta della Rana===

Versione delle 16:53, 12 ago 2010

Esterno

Porta centrale

Nella lunetta superiore: Adorazione dei Magi

Ai lati della lunetta: Adamo ed Eva.

Nelle cinque nicchie sopra la porta maggiore, i santi Giovanni ed Abbondio affiancano la Madonna con il bambino. Ai lati Proto e Giacinto.

Sopra le nicchie lo Spirito Santo; nell'iconografia medioevale è spesso raffigurato nelle vesti di un giovane.

Accanto alla porta centrale vi sono due edicole raffiguranti Plinio il giovane e Plinio il Vecchio. In clima di controriforma, le due statue di pagani non sono gradite, specialmente in una posizione così dominante di facciata, ma la ferma resistenza dei comaschi ha la meglio.

Porta di sinistra

Nella lunetta superiore: Adorazione dei pastori.

Porta di destra

Nella lunetta superiore: La presentazione al tempio di Gesù.

Porta della Rana

Nella lunetta superiore: la Visitazione della Beata Vergine Maria.

Alla ricerca del tesoro

Perché la porta della rana è così nota a molti? Probabilmente per via di una leggenda che iniziò a circolare nei primi dell’ottocento in base alla quale sottoterra, a poche braccia dalla sopramenzionata rana, vi fosse nascosto un tesoro. Leggenda di cui nessuno si preoccupò di accertare il fondamento o di prestare particolare attenzione fino a quando, nel 1850, don Giacomo Morinini, canonico di Intragna presso Locarno, disse di essere in possesso di alcuni documenti autentici che ne attestavano la veridicità.

Sulla base di queste prove Don Giacomo Morinini cercò disperatamente alleati che lo accompagnassero nell’impresa di riesumare il tesoro della rana. A tal fine tentò di spronare un rispettabile cittadino di Como il quale, per nulla sprovveduto, volle prima verificare le prove su cui il prelato fondava le proprie asserzioni.

Il canonico, messo alle strette, non poté fare altro che mostrargli un pezzo di carta malconcia consegnatogli da una famiglia di Bironico, datato intorno al 1470 circa, su cui vi era scritto:

«Si trova un tesoro nella città di Como, ossia chi troverà una rana scolpita scaverà appresso per l’altezza di braccia otto e troverà una cassa di ferro con entro argento, scavando ancora si troverà un’altra cassa con entro un cadavere, scavando più sotto si troverà un’altra cassa con entro oro» (Firmato: Carlo Antonio Martino Pedretti).

Il cittadino, non sentendosi per nulla rassicurato dal pezzetto di carta, eseguite le opportune verifiche, riferì di non essere interessato all’impresa consigliando tra l’altro di desistere dal momento che alla data in cui risaliva il pezzo di carta la rana non era stata ancora scolpita.

Il canonico tuttavia non volle darsi per vinto.

Per nulla persuaso continuò alla ricerca di un compagno con cui dividere le fatiche dell’impresa nonché l’eventuale ambìto tesoro. La sua determinazione e la sua perseveranza lo condussero al capomastro Carlo Ferrari che accettò (sebbene con qualche riserva) di prendere parte alla caccia al tesoro.

I due presentarono così, ai primi di aprile del 1852, l’istanza al Comune di Como per ottenere l’autorizzazione municipale ad effettuare lo scavo nei pressi della porta della rana. Autorizzazione rilasciata il 20 aprile.

Il 3 maggio del 1852 cominciarono gli scavi sotto l’attenta direzione del capomastro Carlo Ferrari e soprattutto sotto lo sguardo di una folla di curiosi, ansiosi di sapere se la leggenda fosse vera o meno, o, meglio, se realmente esistesse il tesoro.

Gli scavi continuarono fino al 7 maggio senza alcun risultato tangibile. Le uniche cose rinvenute furono solamente alcuni pilastri mutilati comprovanti evidentemente la parziale demolizione del Broletto. Demolizione effettuata per cedere il posto alle due arcate anteriori del Duomo di Como.

L’8 maggio si tentò l’ultimo disperato tentativo con l’ausilio della trivella gallica, ma non servì a nulla. Il tesoro non esisteva. Il povero capomastro tra le risa e la derisione dei presenti ebbe il danno di qualche centinaia di lire senza neanche poter ringraziare Don Giacomo Morinini che, vista la mal parata, si era nel frattempo dileguato.

La rana decapitata

La famosa rana fu sfregiata nelle prime ore del 5 febbraio 1912 per opera di un esaltato in stato di particolare eccitazione. Era un persona povera di origini toscane che da qualche anno pativa la fame a Brunate mangiando gli avanzi di un albergatore.

Campava di giorno in giorno facendo guardare ai passanti dentro ad un particolare cannocchiale per qualche monetina. Quando il Comune di Como gli affibbiò una tassa sui proventi della propria modesta attività, disperato decise di tornare da dove era venuto. Prima di partire però volle sfogare la propria rabbia e il proprio rancore martellando la decorazione della rana sulla lesena della porta settentrionale del Duomo di Como.

Portato in Pretura a disposizione del Magistrato fu interrogato. Venne chiamato così anche l’architetto Frigerio affinché deponesse sulla gravità dell’accaduto il quale però, sorprendendo tutti, disse:

«Questo disgraziato incosciente ha fatto un brutto gesto, non lo nego, ma quando io penso all’offesa che involontariamente fa da tanto tempo quel piccolo pur grazioso batrace alla dignità di tutto il resto, tanto più bello e degno, del nostro Duomo io sono propenso a ritenere piuttosto meritorio che detestabile quel gesto».

Il Magistrato, di fronte ad un improvvisato avvocato difensore, non poté far altro che dare una “solenne lavata di capo”.